«Nazionalità è per noi unità: unità viva, libera e potente come Stato. E perché noi vogliamo questa unità come libero Stato?
Perché noi sappiamo che solo nella unità come libero Stato possono spiegarsi liberamente tutte le potenze della nostra vita;
solo in quello noi possiamo essere e saperci veramente noi». (Bertrando Spaventa)


martedì 21 settembre 2010

Avviso 21 settembre 2010

Si comunica che, a partire dal giorno 23/09/2010, il Gruppo di Studio di Giurisprudenza si riunirà ogni giovedì alle ore 10:00 presso la sede della Facoltà di Giurisprudenza dell'Università "Federico II" di Napoli detta "Palazzo di vetro", sita a via Porta di Massa 32, incontrandosi al bar al secondo piano e poi trasferendosi nell'Aula Studio al terzo piano.

L'incontro è aperto a tutti. Chiunque, previa comunicazione, si può autoinvitare.
Gli invitati che non conoscono la strada possono prendere accordi con un membro del GSG per recarsi insieme nel luogo dell'appuntamento.
L'orario e il luogo della riunione possono essere spostati a richiesta anche di una sola persona, ma è necessaria una garanzia della presenza dell'interessato.

Per informazioni:
email: gruppostudiogiurisprudenza@gmail.com
contatto Facebook: "Gruppo Giurisprudenza" (nome e cognome)
canale YouTube: http://www.youtube.com/user/GruppoStudioGiurispr?feature=mhum

mercoledì 15 settembre 2010

Si comunica che, a partire dalla prossima settimana, gli incontri del GSG riprenderanno a svolgersi regolamente. L'orario e il luogo verranno comunicati a breve nei prossimi post.

mercoledì 30 giugno 2010

Avviso 21 giugno 2010

Si comunica che, a partire dal giorno 24/06/2010, il Gruppo di Studio di Giurisprudenza si riunirà alle ore 09:30 invece che alle ore 12:30 come in precedenza. La sede rimarrà invariata (presso la sede della Facoltà di Giurisprudenza dell'Università "Federico II" di Napoli detta "Palazzo di vetro", sita a via Porta di Massa 32, incontro al bar al secondo piano e poi trasferimento nell'Aula Studio al terzo piano).

domenica 7 marzo 2010

Avviso 7 marzo 2010

Si comunica che, a partire dal giorno 11/03/2010, il Gruppo di Studio di Giurisprudenza si riunirà alle ore 12:30 invece che alle ore 09:00. La sede rimarrà invariata (presso la sede della Facoltà di Giurisprudenza dell'Università "Federico II" di Napoli detta "Palazzo di vetro", sita a via Porta di Massa 32, nell'Aula Studio al terzo piano).

martedì 2 febbraio 2010

Rassegna Stampa 19/01/2010 II - I predatori dell'acqua

L'Acquifero Guaranì è il terzo bacino più grande del mondo e il primo per capacità di ricarica. Potrebbe dissetare l'intero pianeta per 200 anni. Ma l'ecosistema amazzonico è minacciato dalle coltivazioni intensive. E dagli interessi di chi vede nelle risorse idriche il business del futuro da Puerto Iguazù - Argentina.


Difficile immaginare la bocca dell'Inferno come un luogo saturo d'acqua. Nella Garganta del Diablo, il punto più caratteristico e suggestivo delle Cascate di Iguazù, incastonate nella porzione di foresta amazzonica attorno alla triplice frontiera tra Brasile, Argentina e Paraguay, la classica iconografia dantesca delle lingue di fuoco, del magma incandescente, e dei vapori asfissianti è rovesciata. Non per questo l'effetto è meno terrificante. C'è il fiume. Non il mitologico Lete, né una colata di lava vulcanica. È l'inquietante e grandioso Iguazù in un momento straordinario di piena. C'è il fragore, ma non quello delle grida dei dannati. Sono 1.800 metri cubi d'acqua al secondo che si schiantano sulle rocce dopo un salto di 80 metri. C'è vapore, ma non sulfureo. È il liquido che si eleva dopo l'urto dell'acqua con la roccia basaltica e satura l'aria in prossimità delle cascate. C'è oscurità, ma non quella degli inferi. È una formazione nuvolosa che nasconde la luce del giorno sulla verticale esatta delle 'fauci di Satana', e che sta per scatenare una violenta tempesta tropicale.
Lo spettacolo prodotto dalla contemporanea collisione di tanti elementi idrici in un punto specifico è colossale e sembra avvertire l'uomo ad avere un maggiore rispetto verso una risorsa, l'acqua, che può essere allo stesso tempo fonte di vita e di morte. Mai come oggi l'ammonimento che viene dalle 'Cataratas' suona appropriato. Qui è infatti l'epicentro e la manifestazione eclatante dell'esistenza di una delle più grandi e importanti riserve d'acqua dolce nel mondo: l'Acquifero Guaranì, oggi al centro di forti interessi commerciali e strategici, e minacciato da un serio pericolo di contaminazione e di estinzione.

Con una estensione stimata approssimativamente in 1.200.000 chilometri quadrati e un volume pari a circa 55 mila chilometri cubici è il Guaranì il terzo acquifero più grande del mondo, ma è considerato il primo in quanto a capacità di ricarica.

Alcuni studi, realizzati in base a modelli matematici, indicano che sarebbe in grado di fornire l'intero pianeta di acqua potabile per i prossimi 200 anni.
Viaggiando per le terre sovrastanti il Sag, Sistema Acquifero Guaranì, non è difficile avvertire le opportunità offerte da questa inestimabile risorsa, e i pericoli insiti nel suo sfruttamento inappropriato. Non lontano da Iguazù, lungo la strada che costeggia il Paranà verso la provincia di Corrientes, all'altezza della città di Posadas, si assiste a una progressiva trasformazione del paesaggio idrico e non. Il corso naturale del fiume, con le sue sponde articolate e irregolari, inizia a perdere forma. La sponda opposta, il vicino Paraguay, improvvisamente scompare. Il fiume diventa mare, un immenso mare color verde. Eppure l'Oceano Atlantico è a centinaia di chilometri, e il Pacifico è al di là delle Ande.
Si tratta dell'enorme bacino formatosi a monte della centrale idroelettrica di Yaciretà, che in idioma guaranì significa 'il luogo dove brilla la luna'. Millecinquecento chilometri quadrati di terra inondati per alimentare l'energia di gran parte dell'Argentina e del Paraguay. Quarantamila persone evacuate. Gigantesche opere di consolidamento, trasformazione e distruzione in corso da vent'anni. Paesaggi surreali e, molto spesso desolazione: la luna stessa.
È l'immagine del progresso che trasforma e violenta la natura oltre ogni limite. "Se fosse stata proposta nel 2000, Yaciretà non sarebbe mai esistita", ammette Pedro Etchegoin, incaricato delle relazioni pubbliche della diga, consapevole che gli standard ecologici attuali non permetterebbero un tale 'ecomostro' neanche qui. Oggi, per compensare i danni prodotti, l'E.B.Y., l'ente bi-nazionale che amministra la diga, ha creato tanti ettari di riserve naturali quanti quelli di terre inondate. Quella del fiume non è l'unica mutazione che si presenta lungo lo stesso cammino. La lussureggiante e rigogliosa vegetazione tropicale che circondava le cascate ha fatto spazio adesso a una ordinata e interminabile foresta di eucalipti e abeti, prodotto della piantagione intensiva di alberi da legna ad accrescimento rapido. Alberi precoci sì, economicamente vantaggiosi anche, ma per questo assolutamente voraci d'acqua del sottosuolo.
A Sud di questa regione si trovano invece le paludi degli 'Esteros de Iberà', 20 mila chilometri quadrati di natura quasi incontaminata e in buona parte inaccessibile, che contengono una delle maggiori ricchezze planetarie in termini di biodiversità. Qui ha deciso di ritirarsi l'imprenditore milionario statunitense Douglas Tompkins che, abbandonata una carriera di successo nel campo tessile, si è convertito all'ecologia 'conservazionista'. Dopo aver acquisito centinaia di migliaia di ettari nella Patagonia cilena ed argentina, Tompkins possiede una buona porzione anche di queste terre. Il fatto che un comune denominatore di tutti i suoi possedimenti sia l'abbondanza d'acqua, sotto forma di ghiacciai o paludi, ha destato sospetti sulle reali intenzioni che soggiacciono a una filosofia ecologista che pretende di privatizzare al fine di preservare. Tompkins non si scompone di fronte alle accuse di alcuni politici nazionalisti locali che lo accusano di essere un agente della Cia, o di chi sospetta che si stia portando via l'acqua. "Ormai mi addormento ogni notte pensando che pazzia si inventeranno domani", ha dichiarato. Dice che alla sua morte donerà ai rispettivi Stati i suoi possedimenti cileni ed argentini, anche se non si capisce perché, se non si fida dell'amministrazione pubblica di oggi, dovrebbe fidarsi di quelle future.
Le coltivazioni intensive sono uno dei grandi problemi che perturbano con certezza già da oggi l'equilibrio idrico del Sag e stanno compromettendo la qualità dell'acqua. Brasile, Paraguay e Uruguay, i paesi in cui l'Acquifero si trova a una profondità minore, attingono direttamente da qui le risorse per irrigare milioni di ettari di campi coltivati a soia transgenica. Anche i cinesi, a corto d'acqua, vengono a coltivare soia qui.
Solo oggi si sta cercando di quantificare esattamente l'entità dello sfruttamento cui è sottoposto il bacino sotterraneo Guaranì ed il suo livello di contaminazione. E neanche qui mancano le polemiche. Gli studi scientifici più avanzati che si sono prodotti sul Sag, sono infatti frutto di un lungo progetto di investigazione iniziato nel 2003 e finanziato quasi interamente dalla Banca mondiale, il Progetto Acquifero Guaranì. La cui realizzazione è però affidata a istituti geofisici tedeschi, olandesi e norvegesi, nonché all'Organizzazione Internazionale per l'Energia Atomica. L'economista italiana Cristiana Gallinoni, autrice di uno studio approfondito sullo sfruttamento delle risorse idriche in Argentina, ed in particolare sull'Acquifero Guaranì, non è la sola ad essere scettica sulle finalità ultime del Pag: "Le informazioni principali sono adesso in mano straniere, l'acqua viene considerata da Argentina, Brasile, Uruguay, Paraguay e dalla Banca mondiale non come un diritto umano da garantire, bensí come una merce, da preservare per finalità economiche". Il coordinatore argentino del progetto, l'ingegnere Jorge Santa Cruz, difende il lavoro svolto e sostiene che "le informazioni raccolte e già pubblicate sono un prezioso strumento in mano alle amministrazioni locali". Ma il punto debole si trova forse proprio qui, nelle amministrazioni locali, province e municipalità dei quattro Stati sudamericani, che gestiscono settorialmente questa risorsa.
Considerando la posta in gioco, si tratta di un potere discrezionale enorme in mano a figure politiche spesso di secondo piano i cui scrupoli di fronte a ingenti offerte private per l'acquisizione di beni altrimenti pubblici sono praticamente nulli. Il fatto che in una terra così ricca di acqua molti soffrano per la sua scarsità, testimonia comunque una gestione inappropriata da parte delle autorità locali. Più di 130 milioni di persone in America Latina non ricevono acqua potabile nelle proprie abitazioni. L'inferno può essere un bicchiere d'acqua sporca, o anche semplicemente vuoto.
Ludovico Mori
(da L'Espresso, 19 gennaio 2010)

Rassegna Stampa 19/01/2010 I - Acqua contesa, Palermo è a secco


[La privatizzazione dell'acqua in Sicilia è stata ed è paradigmatica per comprendere come non si debba fare, lo abbiamo scritto quasi due anni fa, quando certi parallelismi sembravano troppo pasoliniani per essere considerati seriamente. Ora è materia più o meno corrente, visto che la stessa sorte potrebbe toccare al suolo natìo, dove pare essere diventata anche ghiotta materia elettorale. ic]

PROTESTA. Per denunciare la malagestione del servizio idrico Maniaci e Vitale chiudono i rubinetti. Pino Maniaci non finisce mai di stupire. Oggi il direttore di Telejato, nota emittente televisiva impegnata nella lotta contro Cosa nostra, insieme a Salvo Vitale, personaggio vicino a Peppino Impastato, interromperà l’erogazione dell’acqua a Palermo e dintorni e si incatenerà alle pompe di sollevamento, per denunciare la malagestione del sistema di irrigazione nella valle dello Jato e la mancata assunzione di 13 lavoratori a cui era stato promesso il posto. Un gesto, che non potrà passare inosservato, oltre un milione di persone residenti nel comprensorio, rimarranno infatti senz’acqua. A rischio anche il funzionamento dell’aereoporto Falcone Borsellino, collegato alla stessa rete idrica. Dopo cinque anni di proteste, senza alcuna risposta dalla politica, in molti non sono più disposti ad aspettare. «Non ce ne andremo di qui fin quando non otterremo risposte» fa sapere il giornalista più volte minacciato e colpito dalla mafia. Da quando la gestione della diga voluta dal “Gandhi di Sicilia”, Danilo Dolci, per consentire lo sviluppo economico della zona e sottrarre il controllo delle risorse idriche alla mafia, è passata dalla cooperativa di contadini che l’aveva ideata al consorzio di bonifica locale, l’irrigazione delle terre è carente e inadeguata,

«Tanti, troppi - spiega Pino Maniaci - gli agricoltori che hanno perso il raccolto e le famiglie che hanno dovuto rinunciare alla propria fonte di sostentamento». La rete è fatiscente, «sulle condutture realizzate in cemento-amianto - denuncia il direttore di Telejato - non è stata fatta alcuna opera di manutenzione e l’inesperienza dei nuovi gestori ha danneggiato i contadini: alcuni alberi di pesco, per esempio sono stati tagliati alla radici».

La situazione è insostenibile, non fosse altro che per la mancata assunzione dei lavoratori della vecchia cooperativa, a cui, al momento del passaggio era stato promesso l’impiego. La protesta si esprime oggi in un gesto eclatante, la Sicilia reclama giustizia e due dei suoi migliori interpreti danno forma al dissenso.

Rossella Anitori
(da Terra, 19 gennaio 2010)

Rassegna Stampa 29/dicembre 2009 I - Acqua e Protezione civile. Lo Stato si consegna ai privati

«Lo Stato è con voi».Con queste parole Guido Bertolaso ha salutato ieri gli alluvionati di Lucca. Chissà se potrà dire lo stesso tra qualche mese, quando sarà operativa la Protezione Civile Spa varata con il decreto milleproroghe (ma non ancora pubblicata in gazzetta)? È quello che gli chiederanno oggi i lavoratori del dipartimento, in un comunicato di fuoco. Ed è quello che tutti i cittadini dovranno chiedersi, d’ora in poi, in parecchie occasioni. Dove va a finire lo Stato con la Difesa Spa inserita in Finanziaria? Dove va a finire con la privatizzazione obbligatoria dei servizi idrici, disposta nel decreto Ronchi? In questo scorcio del 2009 il centrodestra al potere ha realizzato buona parte del suo disegno demolitore dei servizi pubblici.

NUOVO STATO - Ma non sempre lo Stato è «retrocesso ». Anzi. In alcune occasioni si è fatto fin troppo avanti, invadendo campi che non gli sarebbero propri. È il caso della Banca del Mezzogiorno. Giulio Tremonti avrebbe voluto un’istituzione direttamente dipendente dal Tesoro. Ma la legge lo impedisce, così ha dovuto ripiegare su un comitato promotore «caldeggiato» dal dicastero. Protagonismo pubblico anche nei rapporti (tipicamente di mercato) tra banche e imprese, dove Tremonti ha «benedetto» intese, accordi, concertazioni, solitamente lasciate alle iniziative del business. Così in questi pochi mesi lo Stato ha cambiato forma e funzione: non più garante di servizi universali,ma attore in «giochi» economici. Una trasformazione in cui a perdere sono proprio le fasce deboli. Nella sua lettera d’auguri di fine anno ai dipendenti, Bertolaso parla di «una nuova società destinata a facilitare il nostro lavoro, una diversa struttura per la gestione dei grandi eventi». La Protezione Civile Spa servirebbe a questo: rendere le cose più facili. Non una parola sui rapporti istituzionali con le amministrazioni locali. Il capo dipartimento parla di «una piccola flotta» di persone, che «al timone avrà gente nostra» (vuol dire competente e addestrata dall’esperienza della Protezione Civile).
Ma francamente il senso dell’affiancamento di una «flottiglia» alla «nave madre» non si comprende affatto. Il vero senso resta nascosto: la verità è che se finora lo Stato si faceva garante delle emergenze nazionali, attraverso i canali istituzionali, d’ora in poi si creerà un centro di gare d’appalto che deciderà i lavori da effettuare e le aziende coinvolte.
Non sembra esattamente la stessa cosa. Business e stellette, invece, nella Difesa Spa. Al nuovo organismo, voluto da Ignazio La Russa e dal sottosegretario Guido Crosetto, si affidano le attività di «valorizzazione e gestione, fatta eccezione per quelle di alienazione, degli immobili militari ». Questa la vera partita, che fa gola ai vertici del ministero, chiamati a scegliere l’intero board della nuova società senza alcun filtro pubblico. La foglia di fico, propagandata soprattutto da Crosetto, sono i diritti sull’immagine dei simboli militari che d’ora in poi l’esercito potrà pretendere. Saremmo curiosi di sapere quanto pagherà Mediaset per una ipotetica fiction sui Carabinieri o sui paracadutisti. Tutti da verificare anche i vantaggi economici della privatizzazione dei servizi idrici imposta per decreto agli enti locali. La disposizione è passata grazie alla fiducia, e con parecchi mal di pancia soprattutto della Lega. Nel testo si precisa che la proprietà pubblica del bene acqua dovrà essere garantita (grazie a un emendamento Pd) e che ad andare a gara è soltanto la distribuzione. L'articolo in questione prevede che la gestione dei servizi pubblici locali sarà conferita «in via ordinaria» attraverso gare pubbliche, mentre la gestione in house sarà consentita soltanto in deroga e «per situazioni eccezionali ». Le deroghe alla gara sono soltanto virtuali: lo sanno bene i cittadini che in alcune zone dove il pubblico è efficiente hanno cominciato a protestare. Ma non sono stati ascoltati.

Bianca Di Giovanni
(da L'Unità, 29 dicembre 2009)